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Per Aspera Ad Veritatem n.19
Gli immigrati e l'America
Tra il vecchio mondo e il nuovo

William I. Thomas - Edizioni Donzelli, Roma, 1997





W. Thomas (1863-1947), autore di questo libro-documento, costituito nella quasi totalità da resoconti di esperienze dirette e concrete, ha rappresentato, per il tipo di analisi e l'approccio usato nell'interpretazione della società, una figura piuttosto controversa nel panorama della sociologia americana dell'inizio del secolo scorso. La sua posizione di "irregolare" rispetto a numerosi temi (quali il controllo delle nascite, l'abolizione del concetto di "nascita illegittima" e il diritto alla maternità delle donne nubili), lo configurano come studioso in grado di interpretare, in una chiave di lettura fortemente moderna e progressista, il fenomeno dell'immigrazione. Dotato di uno spirito di conoscenza che lo portava spesso a contatto con mondi marginali, Thomas ha basato la sua analisi sulla ricerca empirica e sul metodo induttivo, secondo quanto teorizzava ai suoi allievi: "realizzate il più possibile i vostri documenti attraverso case studies, fornite esempi più che descrizioni generali, citate sempre le vostre fonti, assicuratevi resoconti scritti più che interviste".
Nel 1917, gli Stati Uniti, spinti dall'esigenza di ridurre drasticamente il flusso migratorio proveniente dall'Europa - non tanto per motivazioni di preservazione etnica, quanto per il timore che l'immigrazione europea portasse con sé aneliti di radicalismo politico - approvarono una legge che fissava delle quote annuali di immigrati, assecondando anche la richiesta di manodopera del settore industriale. In controtendenza, Thomas considerò riduttivo calibrare gli ingressi in relazione alle necessità o opportunità occupazionali. A suo avviso, il vero ed unico aspetto da considerare era il potenziamento delle strutture di accoglienza e aggregazione (i centri di raccolta e le singole associazioni nazionali) attraverso cui realizzare la personalità dell'immigrato e la sua progressiva assimilazione nel tessuto sociale del Paese ospitante. Per Thomas, l'assimilazione non è un processo di negazione del passato o delle tradizioni del Paese da cui proviene l'immigrato. Al contrario, è l'elemento chiave nel rapporto con la società di insediamento, in cui giocano un ruolo fondamentale le abitudini e i tratti tradizionali del Paesi di origine. Si tratta, sostanzialmente, di non distruggere l'esperienza passata, bensì vivificarla nella memoria dell'individuo, per innestarvi i valori della società ospitante. Queste teorie elaborate da Thomas ribaltano il concetto del melting pot - crogiolo di tutte le culture, ma che in realtà comportava solamente indifferenza di un gruppo verso l'altro e falsa democrazia e uguaglianza - riconoscendo ad ogni cultura una propria peculiarità ed un valore di contributo necessario allo sviluppo del Paese. Uno degli strumenti essenziali del processo di assimilazione è sicuramente la lingua, il segno più concreto di differenziazione. Tuttavia, non meno importante è per l'immigrato conoscere e approfondire la storia del Paese in cui decide di stabilirsi. In sintesi gli immigrati possono essere assimilati solo se i loro atteggiamenti, i loro valori, i loro modelli comportamentali riescono ad entrare in un rapporto armonico con quelli della società di accoglienza e, soprattutto, se sorretti da un atteggiamento di apertura verso il loro patrimonio culturale.
Sulla base della ricerca e dei documenti presentati, Thomas mirava a dimostrare che l'immigrato al di là delle diversità culturali, non era così estraneo, ed esemplificava questa affinità procedendo per negazione, vale a dire comparando gli immigrati con ciò che non sono: "se gli immigrati praticassero e difendessero il cannibalismo e l'incesto; se bruciassero le vedove o uccidessero i genitori, allora il problema dell'assimilazione sarebbe infinitamente complicato". Per Thomas, il problema o la necessità di una società pluralista, multietnica e, in definitiva, "aperta", era direttamente connesso con la concezione di paese democratico, vanto e orgoglio della società americana. Approvare il sistema delle quote di immigrazione era, agli occhi dell'Autore, profondamente distante dalla realtà storica statunitense, dove la vecchia concezione di Stato, come sistema che "ordina e vieta", era stata sostituita dalla democrazia, nel suo significato di partecipazione attiva di tutti gli individui alla vita della comunità. "Il senso dell'immigrazione rispetto alla democrazia è di riuscire a fare degli immigrati una parte attiva del nostro sistema sociale, economico e politico, pena la perdita delle nostre caratteristiche culturali". Questo teorizzava Thomas non presagendo, forse, che affermazioni come questa gli sarebbero costate un lungo periodo di emarginazione e dissenso da parte del mondo accademico. La sua voce rimarrà inascoltata, il suo lavoro sarà riabilitato solo dopo vari anni, con il grande merito di aver precorso il presente del grande paese americano e proiettato la sociologia dell'immigrazione nel futuro.



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